20 marzo 2007

Politiche sociali ed integrazione

Negli ultimi anni l’Amministrazione uscente ha rivolto a parole particolare attenzione ai bisogni delle cosiddette "fasce deboli" (prima e seconda infanzia, persone disabili, anziani, migranti) non realizzando una rete di servizi di significativa qualità nel tentativo di rispondere al meglio ai bisogni sempre più articolati che da esse emergevano.
La nuova Amministrazione intende raggiungere l'obiettivo specifico di migliorare i livelli di qualità fino ad oggi garantiti, i servizi esistenti al fine di potenziarli attraverso opportuni e mirati processi di razionalizzazione con lo scopo di garantire ad ogni cittadino, qualunque sia la sua condizione, di vivere crescere ed esprimere le proprie qualità e risorse.
Una rete di Servizi alla persona sempre più qualificata, flessibile ed articolata (Asili nido e forme di servizi integrativi alla primissima infanzia; miglioramento e potenziamento delle strutture scolastiche; tempo scuola; strutture residenziali per persone in situazione temporanea o permanente di disabilità; esperienze coordinate di carattere educativo, culturale e sportivo; pianificazione trasversale degli interventi a favore della integrazione dei migranti) consentiranno a tutti, uomini e donne, di far fronte alla fatica del quotidiano liberando energie positive da spendere per la costruzione di relazioni significative ed una conseguente migliore qualità della vita.
Perché tutto ciò possa realizzarsi è indispensabile ripensare il modello amministrativo gestionale della rete dei servizi con l'Ente Locale che pur mantenendo la Titolarità dei servizi stessi , si orienti a diventare sempre di più coordinatore e regolatore dei medesimi per affidarne la gestione a terzi, quando necessario, come previsto dai Piani sociali di Zona. Questo processo di esternalizzazione, che dovrà tuttavia vedere il Comune capace di progettare, verificare e controllare i risultati a garanzia della qualità dei servizi, non andrà posto in essere per un puro e semplice abbattimento dei costi di gestione, ma per favorire una implementazione di altri servizi.
Altrettanto fondamentale sarà rafforzare il ruolo di indirizzo e di controllo delle politiche socio sanitarie, del Comune, all'interno dell'Ambito Territoriale, di recente costituzione, in modo da sostituire alla frammentarietà degli interventi una significativa capacità progettuale, in grado di integrare i contributi delle diverse istituzioni, del privato sociale, del mondo del volontariato; dando vita ad un efficace sistema integrato dei servizi.
La politica a sostegno della terza e quarta età necessita di una particolare attenzione, l'assistenza domiciliare, le forme di aggregazione rappresentano uno strumento efficace contro l'isolamento e l'istituzionalizzazione della persona anziana.
L'Amministrazione Comunale intende inoltre andare ad una chiara e puntuale ridefinizione dei rapporti con la ASL BA, richiamandola ad assumersi piena responsabilità in termini di co-finanziamento degli interventi in particolare per ciò che riguarda il convenzionamento per tutti i soggetti non autosufficienti ad alto carico sanitario, al fine di ripristinare il "diritto alla salute" di tutti i cittadini che per legge va garantito dal S.S.N..
Particolare attenzione verrà infine riservata a tutte le problematiche che originano dal processo di integrazione del sempre crescente numero di migranti residenti in città (lavoro, casa, ricongiungimento familiare, rinnovo documenti, integrazione socio-culturale). Tali questioni verranno affrontate in modo complessivo cercando di dare tuttavia immediata risposta alle emergenze (prima e seconda accoglienza) tenendo conto che questi concittadini rappresentano comunque una risorsa importante per la collettività.

I servizi Sociali
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una trasformazione dei servizi offerti ai cittadini; per meglio capire quali sono i bisogni è opportuno tenere conto di alcuni dati: la nostra popolazione è tra le più anziane della regione, la speranza di vita è in aumento.
Possiamo segnalare un altro dato significativo che è quello inerente alla composizione della famiglia mononucleare prevalentemente composta da donne anziane.
Le politiche sociali ora vengono definite attraverso i Piani di Zona, ed è qua che si intersecano la produzione dei servizi e le analisi dei bisogni dei territori, i finanziamenti e i soggetti pubblici e privati che gestiscono i servizi; il tutto deve tenere conto dell’universalità del “valore servizio alla persona”.
Difficile bizantinismo che deve tenere ben presente la irrinunciabile gestione pubblica delle politiche sociali e gli indirizzi politici dei Sindaci, rappresentanti dei propri cittadini nonché il valore aggiunto rappresentato dalle associazioni del terzo settore.
La nostra posizione, si sa, è favorevole al servizio pubblico.
Pur tuttavia pensiamo utile il contributo dei cittadini, delle associazioni, del volontariato, in un tentativo di pensare ad un altro tipo di società, dove la predominanza dello Stato viene meno e si esalta il ruolo solidale delle popolazioni.
D’altronde vi sono state e vi sono situazioni dove lo Stato non arriva, non vuole arrivare, non può arrivare, e di fronte alle quali vediamo la straordinaria abnegazione di persone motivate da profonda e concreta spinta ideale e solidaristica.
Va aiutata a crescere una società civile che destina parte del proprio tempo ad aiutare gli altri; vanno incoraggiate le associazioni che svolgono compiti sociali fuori dal mercato, ma che non possono continuare a farlo senza sostegno
Purché questo non si traduca in una contrazione del costo del lavoro o in uno sfruttamento del potenziale produttivo dei cittadini, non significhi l’abbandono dello Stato rispetto all’avveramento dell’universalità dei diritti, che non diventi mercimonio anche lo sviluppo dei servizi sociali.
Per questi motivi poniamo delle domande, che tentano un approccio fra ideologie ed esperienze diverse, nessuna delle quali può dirsi esaustiva, per avviare una riflessione su alcuni aspetti che riteniamo utili nel quadro complessivo dato.
I nidi
Dobbiamo fare una riflessione sui nidi. I nidi che purtroppo ancor oggi sono considerati servizi a domanda individuale, anziché servizi educativi da generalizzare. I nidi sono stati creati storicamente per venire incontro alle esigenze delle lavoratrici, e mantengono una loro evidente utilità sociale, ma oggi essi sono anche il luogo di socializzazione dei bambini (e delle famiglie) imprescindibile.
Per questo confermiamo l’impegno al raggiungimento degli standard qualitativi delle strutture per l’infanzia affinché esse costituiscano il modello di riferimento per il disegno delle attività anche private in questo ambito. Quindi siamo convinti sostenitori della formazione del personale e dell’ampliamento dell’offerta di posti a gestione pubblica.

Immigrazione
Quando si parla di immigrazione le peggiori paure si scatenano, travolti dall’onda dell’irrazionalità e dell’ignoranza si perde di vista il nodo centrale: parlare di migranti significa parlare di persone che hanno diritto ai diritti, persone portatrici di culture e tradizioni che a volte ci appaiono lontane e inconciliabili, e dunque diviene necessario non solo parlare di migranti, ma anche e soprattutto parlare con i migranti.
Poiché è insito nella natura umana, ed assolutamente legittimo, aspirare a condizioni di vita migliori, possiamo dire che la multiculturalità è un processo storico e sociale naturale oltre che irreversibile, con il quale occorre rapportarsi in una logica di avanzamento passando dalla multiculturalità (che è data nel momento in cui si verifica la presenza di persone con diverse appartenenze e riferimenti culturali, ma non implica una processo di comunicazione e dunque si manifesta e realizza in una logica di pura coesistenza) alla interculturalità che, al contrario, si fonda sullo scambio, quindi sulla costruzione di relazione e crescita derivante dalle relazioni (movimento e cambiamento) e sulle idee di intenzionalità (come ineluttabilità in positivo) e di progettualità (invece di coesistenza).
Riuscire a costruire una cultura della interculturalità e contestualmente saper dare risposte concrete a problemi concreti (lavoro, casa, scuola, salute) sono le sfide che devono essere affrontate con azioni mirate avendo il coraggio di sperimentare e la sensibilità di cogliere il cambiamento come occasione di crescita collettiva.
Le leggi vigenti nel nostro paese in materia di regolamentazione degli accessi hanno determinato la creazione di rapporti di lavoro nei quali i lavoratori migranti si trovano, spesso, impossibilitati a far valere i propri diritti in quanto da tali rapporti di lavoro dipende la loro possibilità di rimanere sul territorio italiano.
Analizzando le caratteristiche delle quote di arrivi nel nostro territorio emerge fra l’altro che la precarietà è la nota distintiva del lavoro migrante che, da un lato, denuncia la debolezza di un sistema economico sempre più fondato sul lavoro a basso costo e a bassi diritti, e dall’altro relega intere fasce di popolazione, già penalizzate dalle difficoltà di inserimento derivanti da diversità linguistiche e culturali, al disagio economico e, dunque, sociale.
Garantire al lavoro dei migranti pari diritti e dignità significa correggere le storture di un mercato del lavoro che, sempre più drogato dall’afflusso di lavoratori senza tutele, ha assunto una tendenza al livellamento verso il basso dei diritti di tutti i lavoratori.
L’amministrazione, dunque, deve farsi carico di verificare che gli strumenti nati per qualificare il lavoro migrante vengano utilizzati in modo corretto garantendo i percorsi formativi; deve intraprendere tutte le azioni di sua competenza perché i titoli di studio, conseguiti nei paesi d’origine, vengano riconosciuti nel nostro paese, dando anche ai cittadini migranti l’opportunità di accedere al lavoro qualificato; deve mettere in campo tutte le azioni necessarie affinché le tutele previste per chi denuncia lo sfruttamento sessuale vengano estese anche allo sfruttamento in ambito lavorativo.
Così come l’arrivo dei lavoratori anche quello degli alunni migranti non può più essere considerato un evento eccezionale e non va più gestito come un’emergenza.
Come si accennava in premessa, infatti, così come l’immigrazione è strutturale alla società l’arrivo di studenti migranti è strutturale alla scuola; è dunque necessario:
1) attuare la normativa vigente per quanto concerne sia le modalità di accoglienza che quelle di inserimento;
2) istituire all’interno degli istituti scolastici commissioni di accoglienza composte da insegnanti ed operatori debitamente formati.
Contestualmente occorre monitorare i percorsi sperimentali di prima accoglienza per giungere alla definizione di una possibile traccia di “protocollo di accoglienza” da socializzare con tutti gli istituti per avviare pratiche efficaci ed omogenee sul territorio.
La progettualità e la capacità di costruire percorsi di ampio respiro, con l’ambizione di incidere nella società per trasformarla, con la convinzione di poter produrre un avanzamento e un miglioramento reale nelle condizioni di vita dei cittadini, dovrebbero essere alla base dell’azione dell’amministrazione in qualsiasi campo. Così come si è detto per la partecipazione, anche per la creazione di una società interculturale occorre progettare e praticare l’educazione alla interculturalità partendo, in questo caso, dal concetto che l’orientamento interculturale in educazione non può strutturarsi come un sapere specialistico ma piuttosto come “una ri-fondazione dei paradigmi su cui si fonda l’atto educativo”
In quest’ottica occorre attivare dei protocolli fra ente locale ed istituti scolastici autonomi che costruiscono il proprio Piano di Offerta Formativa (POF) secondo progettualità e didattica interculturali e, inevitabilmente, prevedano piani di formazione per il personale docente (non dobbiamo infatti dimenticare che la riforma Moratti ha reso non più obbligatoria la formazione degli insegnanti generando depauperamento delle competenze e dispersione delle “specialità”).
Il mondo della scuola è un luogo speciale perché può essere una zona franca dove le barriere dei pregiudizi vengono abbattute; dunque soprattutto all’interno della scuola la differenza può e deve divenire una risorsa, garantendo le specificità sia culturali che linguistiche, perché l’interculturalità passa attraverso il riconoscimento dell’altro e del diritto alla sua identità.
Nella realizzazione di questo percorso divengono centrali le figure dei mediatori culturali il cui potenziamento richiede:
  1. Investimenti per la qualificazione e la formazione
  2. Attivazione di interventi di mediazione di lungo periodo in grado di coinvolgere le famiglie, promozione di una didattica interculturale
  3. Sostegno della lingua madre.
Il ruolo della mediazione culturale, naturalmente, va pensata in ambito vasto, non solo nella scuola, dunque, ma anche nel mondo del lavoro, del carcere, della sanità: in ultima analisi, della società. Riteniamo tuttavia che la sola figura del mediatore culturale rischi di non essere più sufficiente per affrontare tutti gli aspetti del fenomeno migratorio.
Sempre più spesso sentiamo parlare di sicurezza correlata al tema dell’immigrazione. Per quanto riguarda il nostro territorio possiamo dire che non ci troviamo di fronte ad un problema reale, quanto più alla percezione soggettiva in forma di pericolo di conflitti presenti sul territorio.
Se il conflitto è vissuto come elemento fisiologico dell’esistenza personale e sociale, esso può essere un momento relazionale di crescita.
Se accettiamo l’ipotesi che eliminare il conflitto significa negare diversità e divergenze esistenti, dunque semplificare la realtà che è varia e complessa, allora possiamo dire che riconoscere i conflitti e, soprattutto, riconoscere le parti confliggenti come portatrici di istanze legittime, significa aprire reali occasioni di dialogo ed offrire soluzioni attraverso l’elaborazione costruttiva delle diversità.
Da questa analisi nasce l’esigenza di pensare non alla soppressione dei conflitti, ma piuttosto alla loro conciliazione attraverso figure professionali in grado di lavorare in equipe per monitorare i conflitti ed intervenire mediando fra le parti attrici.
Lo scopo è quello di mantenere nell’ambito della socialità le tensioni derivanti da una comunità in movimento; per fare questo occorre, anche, pensare anche al recupero di tempo e spazi vocati all’aggregazione, con particolare attenzione al mondo dell’adolescenza.

Politica scolastica
Una politica sociale e scolastica di primo livello non può prescindere da una dotazione
patrimoniale infrastrutturale e immobiliare sufficiente e di qualità.
Pertanto edifici scolastici e strumenti operativi (dotazioni, sussidi per il diritto allo studio )
devono essere potenziati e adeguati alle esigenze ed alle richieste di crescita quantitativa e
qualitativa investendo anche in piani sociali di inserimento degli alunni diversamente abili e
di nazionalità straniera, con particolare riguardo alle difficoltà e ai bisogni dei provenienti da famiglie extracomunitarie.
Tra i servizi offerti occorre mantenere alta la qualità delle mense con particolare riferimento e cura nella preparazione dei cibi (prestando attenzione alla tematica sempre più attuale delle intolleranze alimentari e alla predisposizione di cibo biologico).
Si propone che le politiche di finanziamento per ottenere l’obiettivo di qualità,
concentrino maggiormente gli introiti su una migliore razionalizzazione delle tariffe dei
servizi a domanda e sulla loro diversificazione, compatibilmente con la qualità del servizio
reso.
Particolare attenzione va posta agli asili comunali (con dipendenti comunali) ove la spesa di mantenimento degli stessi è costantemente in crescita.

Famiglia
  1. Sostegno dei micronidi familiari che presentano idonee caratteristiche, anche con opportune convenzioni, nell’ambito del principio di sussidiarietà.
  2. Sostegno alle famiglie che vivono l’affido familiare e a quanti vogliono avvicinarsi e dedicarsi a questa delicata esperienza.
  3. Per il sollievo delle famiglie favorire, in collaborazione con l’ASL e le associazioni di volontariato, la custodia di anziani non autosufficienti, portatori di handicap fisici o psichici.
  4. Mantenimento e potenziamento dell’assistenza ai minori a rischio di emarginazione o interessati da un decreto dell’autorità giudiziaria.
  5. Potenziamento degli interventi in favore delle persone che versano in condizioni di povertà, ivi compresi gli immigrati, integrando nel Piano di Zona obiettivi, priorità di intervento, risorse finanziarie, strutturali e Professionali.
  6. Costruzione di nuovi alloggi comunali da mettere a disposizione di nuclei familiari o di singoli che versano in difficoltà, anche eventualmente con il ricavato della vendita di parte degli alloggi di proprietà del Comune.
Anziani
  1. Interventi a sostegno della popolazione anziana per dare risposte ai bisogni di informazione, di cultura, di uso del tempo libero, di vita di relazione attivando corsi di aggiornamento culturale, di creatività e potenziando le attività motorie.
  2. Favorire incontri tra generazioni per attivare la trasmissione dell’esperienza e della memoria storica con gli insegnamenti che ne derivano.
  3. Continuare a sostenere le attività socialmente utili svolte da anziani, come la vigilanza per l’entrata e l’uscita dalle scuole e crearne di nuove.
  4. Continuare a garantire e potenziare l’assistenza domiciliare, la compagnia, la spesa a casa, la prenotazione di prestazioni specialistiche ed esami presso centri convenzionati, appoggiandosi agli organismi della cooperazione, alle associazioni di volontariato.
  5. Interventi per implementare la nascita e la gestione degli orti sociali ed il reperimento di terreni su aree pubbliche.
  6. Organizzare con la scuola lezioni per il trasferimento di esperienze di lavoro, artigianali e non, in grado di favorire un eventuale orientamento dei giovani nel mondo del lavoro.
Giovani
L'Amministrazione Comunale deve promuovere interventi coordinati e finalizzati per
la crescita sociale e culturale dei Giovani.
Non solo dunque singoli “eventi” ma spazi permanenti e diffusi per lo svago, per
comunicare e condividere interessi, per trascorrere il tempo libero in modo
intelligente e interessante, per sperimentare nuove forme di socialità e partecipazione.
Occorre far sì che i giovani mettano in gioco le emozioni positive per apprendere.
L'Assessorato alle Politiche Giovanili deve promuovere la partecipazione alla vita
democratica e politica delle giovani generazioni, incoraggiare e far emergere il
contributo che i giovani possono fornire alla città.
  1. Potenziamento del ruolo del Consiglio Comunale dei Giovani , eletto direttamente dai giovani di Conversano, sulla base di aggregazioni per interessi ( e non sulla base di liste partitiche) al fine di facilitare la partecipazione giovanile tramite l’individuazione di attività ed iniziative capaci di aggregarli.
  2. Creare un centro polifunzionale e delegare la gestione al Consiglio Comunale dei Giovani tramite apposita convenzione con il Comune, continuando la proficua collaborazione in corso con le Cooperative che si occupano di politiche giovanili.
  3. Sostenere la creazione di uno sportello INFORMAGIOVANI, presso il quale sarà possibile ricevere notizie e informazioni utili su occasioni di lavoro, entrando in contatto e in collaborazione diretta con le imprese presenti sul territorio.
  4. Promuovere e proporre in maniera chiara ed esaustiva le opportunità offerte dai Corsi Professionali Regionali.
  5. Incentivare la creazione di cooperative, soprattutto quelle che vogliono occuparsi del sociale e della salvaguardia ambientale.
  6. Promuovere le sinergie fra differenti realtà giovanili, comunicando in rete con altri centri di aggregazione, presenti nel territorio.
  7. Istituire un tavolo di confronto e collaborazione preferenziale fra l'assessorato alle politiche giovanili e quelli dei servizi sociali, cultura e sport con le associazioni e la scuola.
  8. Individuare indicatori di qualità che consentano una valutazione sociale dei progetti e dei servizi per i giovani.
Scuola
  1. Finanziamento di iniziative scolastiche intraprese o promosse dalle scuole stesse.
  2. Istituzione di corsi serali professionali per venire incontro al bisogno di formazione dei giovani, in sinergia con le aspettative delle imprese.
Salute e Sanità
La sanità locale, da più di un decennio sfora i parametri regionali della spesa.
Questa situazione ha giustificato e giustifica ristrutturazioni, riorganizzazioni e sostanziali riduzioni dei servizi, dei posti letto e, a volte, della qualità degli interventi.
Nessuno però, in questi anni, che abbia fatto un bilancio serio del lavoro dei manager. Il caso recente è la riorganizzazione della nostra Asl.
Noi registriamo che:
  1. le decisioni che riguardano la salute dei cittadini sono praticamente sottratte al confronto politico. In effetti le scelte su questo bene comune (la salute, appunto) rimangono prerogativa di tecnici e amministratori;
  2. quando coinvolti, i cittadini non riescono a pesare nella discussione e nella decisione finale. Lavorare per una sanità pubblica e democratica, radicata nel territorio, vicina alle popolazioni, è uno dei nostri obiettivi politici per la prossima legislatura. Occorre mantenere il nostro polo ospedaliero attivo ed integrato e ridurre le liste d’attesa per diverse specialità per le quali si soffrono ancora ritardi inaccettabili.
Dunque è necessario:
  1. Migliorare la struttura sanitaria esistente lavorando per il superamento delle criticità.
  2. Attivarsi per un progetto di educazione sanitaria e promozione della salute con realizzazione di campagne di sensibilizzazione per adottare corretti stili di vita sui temi dell’alimentazione, prevenzione tumori, educazione sessuale, del fumo e delle dipendenze.
  3. Proseguire il contributo per l’eliminazione dell’amianto ancora esistente sui tetti degli edifici o come materiale di coibentazione.
Sicurezza
  1. Migliorare la collaborazione fra tutte le forze dell’ordine e favorire un servizio di controllo del territorio che copra le 24 ore.
  2. Migliorare l’illuminazione delle aree urbane.
  3. Riappropriarsi di aree mal frequentate, con idonea risistemazione urbana o localizzazione di attività pubbliche.
Associazionismo
Una ricchezza umana cui non si può rinunciare, della quale Conversano è estremamente ricca, che deve diventare uno dei soggetti più impegnati nella partecipazione.
  1. Valorizzare le associazioni presenti e operanti sul territorio, per affrontare le problematiche sociali in sinergia con l’Amministrazione Comunale e gli enti preposti.
  2. Favorire la stipula di convenzioni con associazioni e cooperative sociali in regola con la legislazione, che operino con criteri di qualità avendo come obiettivo la centralità della persona.
  3. Coinvolgere le associazioni sportive locali nella gestione degli impianti sportivi.

1 commento:

Anonimo ha detto...

POLITICHE SOCIALI E SERVIZI PER LA SALUTE MENTALE

di LAURA TUSSI


Le discipline psicologiche costituiscono dei modelli teorici volti allo sviluppo della personalità, in un’otticadi valorizzazione delle relazioni nei rapporti famigliari, e nell’area degli scompensi clinici intesi come fluttuanti delimitazioni tra disturbi nevrotici e psicotici. Da questa lettura sintomatologica deriva la considerazione di fattori biologici, psicologici e sociali, ossia fattori biopsicosociali che si associano al disturbo psichico. Nel Diagnostic Statistical Manual of Mental si definisce l’omosessualità come deviazione sessuale e nel 1974 i membri della commissione stabilirono di eliminare l’omosessualità dalle patologie. Questo dimostra la relatività dei giudizi psichiatrici e l’incertezza delle diagnosi. Una ricerca di Brown Harris ha dimostrato l’influenza dei fattori sociali rispetto alle situazioni patologiche, proponendo eventi fattoriali che interagiscono nella genesi delle depressioni, come fattori di vulnerabilità, agenti causali di separazione, perdita e delusione. Lo studio di Warner relativo alla schizofrenia riporta l’eziogenesi della patologia a cause di stress economico e disoccupazionale e indica fattori protettivi al fine di rendere le psicosi maggiormente accolte e integrabili nella società, fornendo posti di lavoro, con il trattamento della patologia nel settino terapeutico, tramite supporti clinici e psicologici.
Ciompi evidenzia un modello esplicativo della schizofrenia con fasi premorbose, periodi di acuti scompensi psicotici, in un’evoluzione a lunga scadenza. Con questo modello analitico, la schizofrenia viene concepita come una patologia intermittente e non come disordine cronico in base a studi di etnopsichiatria che si occupa di variabili culturali.
Saraceno riconsidera le proprie osservazioni analitiche in ambito schizofrenico ad una multidimensionalità della malattia riconducibile a fattori macrosociali, a differenze culturali, a eventi esterni, a condizioni socioeconomiche e a contesti microsociali ossia interfamigliari. La patologia schizofrenica presenta segnali di conflittualità, di devianza, di sofferenza individuale.
La psichiatria è cura dell’anima, dal greco antico, e la teoria psichiatrica moderna si è costituita con la caduta delle interpretazioni magico-religiose della follia. Piro individua differenti periodi nella fase evolutiva della modernizzazione psichiatrica: il periodo conservatore, la fase di modernizzazione, il mutamento e la difficile riforma degli anni ’80 e’90.
Gli anni ’60 vedono un clima politico e culturale nuovo con proposte riformistiche, con le rivendicazioni antiistituzionali e il progetto di settorializzazione psichiatrica, in cui si prevedeva di raccogliere i degenti in un settore, in una certa parte del territorio fornita da dispensari, da ambulatori e istituti intermedi. Jones prospettava la costituzione di una comunità terapeutica nel sostituire alla gestione violenta del manicomio la gestione comunitaria con l’eliminazione dei rapporti autoritari, lo sviluppo della comunicazione e la risocializzazione del malato. L’applicazione pratica di tale prospettiva avvenne con gruppi e commissioni di psichiatri intorno al ministro Basaglia. La riflessione sulla gestione concreta del malato viene messa in discussione da diverse culture medico terapeutiche come ad esempio l’antipsichiatria di Laing. Il tema dell’istituzionalizzazione prevede la risoluzione di un complesso di danni e interferenze per il lungo soggiorno coatto, con principi di autoritarismo e coercizione, dove il degente manifesta la progressiva perdita d’interessi in un processo di regressione e restringimento dell’io, nel più acuto vuoto emozionale. La tesi di Basaglia verte sull’immagine e sull’analisi dell’istituzione manicomiale come ente che deforma la malattia mentale, nascondendola, impedendone una chiara lettura. L’introduzione dei neurolettici crea negli ospedali un’azione di recupero in un rapporto basato sulle storie di vita, e sulle applicazioni delle metodologie autobiografiche nel recupero psichiatrico. Tale progresso medico e farmacologico costituisce un supporto all’ipotesi organizzativa moderna quale punto di riferimento dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Partendo dalla psichiatria viene ripensata la categoria socioculturale dell’esclusione, dove la cura del malato si muove nella paura, nella repressione e occorre la riconquista della libertà, della tutela, della difesa nella comunità e nella collettività. La Legge 180 emanata dal Ministero Basaglia consiste nella legittimazione giuridica di un innovativo umanesimo psichiatrico. I principi della legge prevedono che la malattia mentale sia gestita in una rete di servizi territoriali, ambulatoriali e ospedalieri, dove l’assistenza psichiatrica è parte del Sistema Sanitario Nazionle, in cui il malato mentale ha diritti altri, dove si prevede in primis la chiusura delle strutture manicomiali e la riorganizzazione dei servizi. La riforma psichiatrica di Basaglia prevede una nuova fase nello sviluppo dei servizi con reti di servizi psichiatrici che includono dipartimenti per la salute mentale; lo sviluppo della riabilitazione psichiatrica; la regolamentazione dei processi di chiusura degli ex ospedali psichiatrici. E’ prevista la classificazione dei servizi per modelli tipici come servizi forti (ospedale psichiatrico), servizi a legame debole (Centri Psico Sociali), e servizi con una forte caratterizzazione organizzativa che prevede tecniche di intervento sistemico, psicodinamico, e farmacologico. Coesistono differenti sistemi organizzativi del sistema psichiatrico quali il dipartimento di salute mentale come sistema dipartimentale con reti di servizi, centri di salute mentale con collegamento di servizi sanitari e sociali, servizi psichiatrici di diagnosi e cura, strutture semiresidenziali quali day hospital e centri diurni e strutture residenziali in collegamento con i DSM. Nel 1994 il governo Ciampi approva il progetto obiettivo nazionale relativo alla tutela della salute mentale, in cui l’ASL consiste in una rete di strutture territoriali psichiatriche, residenziali e semiresidenziali dove vengono valorizzate le competenze professionali degli operatori, in un’ottica complessiva di superamento dell’ospedale psichiatrico tradizionale.

Laura Tussi