Va da sé che per affrontare la sfida occorre muoversi sinergicamente almeno colla Regione sia sul versante dei contributi e delle politiche di investimenti che per l’innovazione e la ricerca tecnologica.
L'industria
Come già detto tutto il sistema industriale italiano si sta dibattendo in una crisi che talvolta assume i tratti della irreversibilità.
Difatti sono l’innovazione tecnologica e di prodotto che possono farci uscire fuori dalle secche della crisi. Crisi che attraversa, ad esempio, il distretto calzaturiero in Puglia.
Oltre a un management all’altezza della situazione, occorre pensare ad un sistema di infrastrutture che abbatta i costi non attinenti al manufatto e favorisca il rapporto (fusione, consorzio, o altro) fra imprese piccole e medie (la stragrande maggioranza della presenza sul nostro territorio).
Per questo vanno evitati insediamenti industriali a pioggia, magari di bassa qualità e entità, per favorire settori innovativi.
Il commercio
Pur essendo il commercio legato strettamente alle dinamiche di mercato e ai salari, pare evidente che esso sia, anche a Conversano, oramai strangolato dalla rendita immobiliare.
Questa è anche la causa di una mortalità e natalità così diffuse delle aziende, oltre al fenomeno dei prezzi che, in un periodo di crisi come questo, diventano il paradigma essenziale per i cittadini. Necessitano politiche di calmierazione dei prezzi degli immobili (vale anche per gli acquisti e gli affitti di case da parte dei privati), oltre ovviamente a soluzioni che sviluppino maggiormente gli esercizi di vicinato o rendano, conveniente e socialmente utile l’esercizio del commercio.
Ma è proprio necessario ridurre le agorà in mercificatoi, oppure, fatta salva la necessaria presenza negoziale, le piazze andrebbero riviste in un sistema di più forte socializzazione e frequentazione?
D'altronde, per un senso culturalmente opposto, ma simile nei requisiti, è proprio il versante nel quale si è mossa la grande distribuzione.
Proprio per poter riprendere una fidelizzazione coi cittadini, andrebbero curati meglio la preparazione professionale degli addetti, il rapporto coi consumatori (anche attraverso le associazioni di rappresentanza), e, ovviamente – come per il turismo -, l’eliminazione del lavoro nero, perché non si può vendere sogni sfruttando vite reali.
Il lavoro
Le statistiche ci dicono infatti che la nostra provincia risente del dato economico complessivo e che i lavori atipici sono in forte aumento. D’altra parte non siamo esenti dalla piaga del precariato, i salari di diverse categorie sono vicini agli standard minimi di tollerabilità, le possibilità di impiego decrescono all’aumentare del titolo di studio, e soprattutto si è riaperto il divario tra occupazione maschile e femminile.
Rifondazione Comunista ritiene che l’impiego di personale precario all’interno di tutti gli Enti pubblici, scarsamente caratterizzati da picchi produttivi, e l’utilizzo di appalti e concessioni al solo o al principale scopo di comprimere i livelli di costo del lavoro di un servizio, siano pratiche da avviare progressivamente all’estinzione.
Noi non abbiamo una preclusione aprioristica verso la gestione indiretta di alcuni settori, pur considerando positiva la tendenza generale a reintegrare alcuni servizi che, all’epoca del furore ideologico neoliberista, erano stati esternalizzati.
Riteniamo tuttavia che condizione ineliminabile di ogni gara d’appalto debba essere la garanzia che il costo unitario effettivamente erogato al lavoro sia sostanzialmente paragonabile a quello altrimenti sostenuto in gestione diretta.
Altrimenti il Comune diventa di fatto erogatore di profitti, più o meno elevati, a scapito dei lavoratori.
Proprio per questo assume rilevanza centrale la questione dei lavori pubblici (qui intesa nel versante di tutela dei lavoratori).
E’ opportuno che tutti gli EE.LL. si muovano di concerto e stipulino protocolli d’intesa colle associazioni padronali e quelle sindacali.
Certo, l’unica strada percorribile è quella dell’offerta economicamente più vantaggiosa (escludendo quella al massimo ribasso), che però contenga criteri oltre a quelli definiti dalla legislazione nazionale (ad es. per l’edilizia, la Merloni).
Fatta salva la possibilità degli E.P. di valutare, aggiuntivamente, il grado di soddisfazione nell’esecuzione di precedenti appalti svolti dalla medesima azienda presso altri E.P., sarebbe opportuno che nei bandi fosse valutata la "qualità sociale" dell'impresa in maniera preventiva, secondo indicatori che “pesino” i diversi fattori aziendali (lo stato di attuazione della L. 626 e lo stato degli infortuni e morti sul lavoro, disincentivazione ai subappalti, qualificazione delle aziende tramite la verifica degli esiti dei contratti anche integrativi, in essere e precedenti, ed il controllo della stabilità dei contratti dei lavoratori impiegati almeno pari alla durata degli appalti - per evitare il ricorso ad aziende nate ad hoc -, valorizzazione delle certificazioni internazionali di qualità del prodotto e del lavoro).
D'altronde sono le stesse aziende serie a chiedere queste norme per evitare di concorrere al ribasso con aziende di dubbia provenienza.
E’ ovvio che tutto ciò potrà funzionare se tutti gli Enti Locali sosterranno questa tendenza e si sviluppi, al contempo, un sistema di controllo e vigilanza adeguato, all’opposto da quello smantellato dal Governo Berlusconi.
Ad esempio si potrebbe pensare ad un sistema di revoca di licenze e concessioni a coloro che sono recidivi rispetto alla mancata regolarizzazione dei loro dipendenti. Ma certo vanno incentivate le risorse destinate alla scoperta delle evasioni contributive, fiscali, d’Iva e d’Ici, così imponenti nel nostro Paese.
Insomma, ogni risorsa pubblica erogata dovrà garantire, oltre alla qualità dell’esecuzione dell’opera finanziata in sé, anche un bilancio sociale positivo, sia in termini di qualità occupazionale, sia in termini di ricaduta sociale e ambientale.
Comune e Provincia sono chiamati a svolgere un ruolo positivo nella lotta alla precarietà, soprattutto per ciò che riguarda:
- i loro dipendenti, sia nelle forme di assunzione (riducendo, fino alla loro eliminazione, il ricorso ai contratti a temine e a progetto e regolarizzando le attuali situazione incerte) che nei livelli salariali (per ciò che concerne la contrattazione locale);
- valorizzazione dei Centri Pubblici dell’Impiego (evitare l’intermediazione di troppi soggetti finora estranei), offrendo al contempo servizi di orientamento, formazione, ecc. all’inoccupato/disoccupato, anche sviluppando una competenza propria esclusiva (ad es. il bilancio di competenze da inserire nel libretto formativo), accompagnato da un sistema a rete, condiviso dai Comuni, che fornisca un quadro esauriente delle offerte di lavoro sul territorio provinciale e regionale in ogni Comune non “fornito” di CPI;
- monitoraggio delle situazioni di crisi territoriali e progetti innovativi, anche sperimentali, in materia di contrasto al lavoro nero e irregolare;
Il lavoro è lo specchio di una società: minore sono le tutele, i diritti che vi si avverano, la parte salariale di esso che si traduce in stato sociale, maggiore è il grado di vergogna e di barbarie di una società. Mai come oggi il conflitto capitale/lavoro ha assunto la caratteristica di una gigantesca lotta di civiltà, di cui ognuno, per la propria parte, è responsabile e attore impegnato.
Per questo i comunisti continuano a lottare perché questi temi siano al centro dell’agenda politica di tutti i Partiti dell’Unione e delle Amministrazioni che, insieme, andremo a governare.
L'agricoltura
sembra oramai incontrovertibile lo spostamento di grosse produzioni agricole in aree di enormi vastità o fuori l’UE, sia per questioni geopolitiche (tra cui la possibilità del terzo mondo di uscire dalla crisi) che per i costi dei prodotti (sia per i minimi costi del lavoro e della tutela sociale, ma anche per l’enorme mole produttiva).
In questo scenario, l’agricoltura italiana, e nostrana in particolare, deve scegliere rapidamente e responsabilmente.
L'agricoltura delle eccedenze, dei finanziamenti europei, del profitto a scapito della qualità, non hanno futuro.
La produzione di ciliegie e quindi di olio ha segnato in profondità la storia delle nostre terre e le vite dei suoi abitanti,.
Solo ritrovando un vero legame con la propria terra e la propria storia l'agricoltura può trovare la forza di risollevarsi, consapevole del suo ruolo insostituibile nella produzione di alimenti per la nostra sopravvivenza.
Occorre riordinare idee e scelte, cosicché il cibo sia ri-localizzato e consumatori consapevoli si orientino verso il locale, verso ciò che meno inquina e le comunità produttrici tradizionali siano rispettate.
Di conseguenza, esprimiamo una netta contrarietà all'introduzione e all'uso degli OGM.
Le amministrazioni locali dovrebbero incoraggiare ed aiutare i processi innovativi, con la consapevolezza che nelle campagne i tempi del cambiamento sono più lenti, ma evitando palliativi che riproducano l'esistente comunque destinato a scomparire.
Occorre incentivare la produzione di qualità, il consumo e la distribuzione di prodotti locali e avviare una indagine conoscitiva sull’imprese e gli addetti dell’agricoltura.
D'altronde la produzione a livello intensivo ha ormai definito i suoi limiti, prima di tutto nel settore dell’uva da tavola.
Occorre incentivare la produzione di qualità, il consumo e la distribuzione di prodotti locali, secondo la tipologia del ciclo breve, che dovrà rivolgersi particolarmente verso il biologico/integrato ed i prodotti tipici, eliminando i costi aggiuntivi e ridistribuendo i profitti verso i produttori (in tale maniera si favorirebbe il ritorno delle cooperative alla loro missione originale e non ad aziende di gestione semi finanziarie).
AGRICOLTURA
Il sistema agricolo locale deve sviluppare il concetto della filiera corta legata alle
produzioni tipiche locali. Incentivare il processo di valorizzazione del settore che
deve passare attraverso gli strumenti di finanziamento comunitario e l’incentivazione
dei rapporti con la cooperazione. Occorre lavorare per garantire l’economicità e la
redditività dell’impresa agricola intervenendo nel miglioramento delle condizioni di
lavoro dell'imprenditore attraverso un rapporto di sinergia nella produzione di filiera
cercando di conseguire prodotti di qualità che incidano sul mercato.
Andare a elaborare progetti che sviluppino le fonti di approvvigionamento energetico
alternativo come, oltre all’eolico, l’energia da biomasse, che costituirebbe una fonte
di reddito integrativa o alternativa nel rispetto dell’ambiente e dello sviluppo
sostenibile.
Dovrà essere sviluppato con particolare attenzione il processo di evoluzione
territoriale legato al mantenimento in essere delle piccole e medie aziende che hanno
permesso la costruzione del paesaggio e ne permetteranno la sua conservazione.
Con questi obiettivi l’Amministrazione sosterrà tutte le iniziative che gli agricoltori
intraprenderanno per tendere al consolidamento dell’economia agricola locale.
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